Il potere devastante della vergogna

Nella società odierna l’emozione della vergogna appare sempre più potente e distruttiva. Oggi si è portati a provare troppo spesso vergogna, vergogna per quello che non si è, vergogna di voler essere di più, vergogna per ciò che si prova, vergogna per le proprie sensazione ed emozioni.

Lo psicoanalista francese Andrè Green, già nel 1983, nel testo “Narcisismo di vita Narcisismo di morte” descrive come nella clinica attuale la vergogna sia un’emozione distruttiva che prende forza dal non essere in grado di raggiungere la perfezione assoluta, quella perfezione totale che nel narcisista significherebbe riuscire ad annullare ogni bisogno e desiderio, perfetto nel suo essere Uno senza bisogno dell’Altro. Green descrive come la vergogna, in alcune forme cliniche della società contemporanea, assuma un carattere imperioso, senza possibilità di riparazione.

Il testo di Green è stato scritto nel 1983, sono passati più di 40 anni eppure le sue descrizioni appaiono più che mai attuali. Il male di oggi, come scriveva Green, non è più nella colpa ma nella vergogna. La nostra società diventa così la società della vergogna e nelle descrizioni dell’autore ritroviamo un malessere che oggi non può fare a meno che balzare agli occhi. L’anoressia in primo luogo, con la sua ricerca continua di una perfezione assoluta, la lotta con il corpo che si vuole sempre più magro in un avvicinarsi pericoloso alla magrezza del cadavere; il voler cancellare tutte le tracce di un corpo che è anche pulsione, bisogno, desiderio. La spinta alla perfezione, ideale dei nostri giorni, fa eco non solo all’interno di ognuno di noi ma trova conferma anche all’esterno che amplifica sempre di più un dover essere. Ciò che sono, il mio essere non è più volontà e crescita, il piacere di migliorare non è più desiderio ma prende la forma del Dovere. Così ogni performance prende il carattere dell’assoluto, del tutto o niente. E quando il soggetto si trova inevitabilmente, così è la vita, davanti al fallimento? Allora è la vergogna, vergogna che prende carattere globale, davanti alla caduta l’Io si disintegra, non riesce più a ritrovarsi; forse perché spesso un vero Io non si è mai formato ma si trattava di un fragile falso Sé, eccellente in tutto fino a quel momento, che sapeva trovare la maniera giusta di essere perfetto in ogni contesto. E allora dove ritrovarsi quando la frammentazione prende il sopravvento spesso con caratteristiche da vero e proprio attacco di panico, sempre più diffuso? Allora è l’anoressia, tutto ciò che sono e che valgo si conta in grammi, è la bilancia che segna il valore del mio essere, è solo nell’osso che spunta che riesco a ritrovarmi perché dentro è il vuoto o il caos più totale, non vi è molta differenza in fondo. Allora è la dipendenza, è arrivare al limite di ogni abuso, è li che ci sono, che mi sento; che sono finalmente libero e solo, senza bisogno di nessuno, senza mancanza alcuna. E all’interno di questa logica non vi sono solo le sostanze, ma la società troppo spesso spinge a ricorrere all’uso o all’abuso di pillole per la felicità, come se fuori dalla porta di casa non fosse più concesso vivere un momento di fragilità. Il dolore mentale oggi non trova un proprio spazio di elaborazione ma va estirpato, come fosse niente più niente meno che un dente cariato, esso stesso fonte di vergona. E’ sempre più difficile trovare un proprio spazio interiore di riflessione e ci si chiede il perché di questo faticoso sforzo mentale quando invece adesso tutto è in vendita perfino la gioia di vivere.