Disturbo ossessivo-compulsivo e senso di colpa.

Perfezionismo, iper-responsabilità, senso di inaccettabilità dei propri pensieri rappresentano tratti spesso rintracciabili in chi soffre di un disturbo ossessivo-compulsivo. Tra i fattori che accomunano le diverse manifestazioni del disturbo è riscontrabile il bisogno di prevenire una colpa, l’eventuale fallimento è percepito catastrofico. Alla colpa non può seguire riparazione o perdono, e così essa diviene inaccettabile.

Il disturbo ossessivo-compulsivo implica grande sofferenza fino a causare la compromissione della funzionalità sociale, lavorativa, interpersonale. Spesso inizia in età precoce e tende con il tempo a cronicizzarsi influenzando negativamente l’esistenza di che ne soffre. In Italia si stima che il disturbo coinvolga circa un milione di persone.

Vediamo come si presenta il disturbo nella sintomatologia (DSM-5):

Presenza di ossessioni, compulsioni o entrambi:

Le ossessioni sono definite da:

  • pensieri, impulsi o immagini ricorrenti o persistenti, vissuti come intrusivi ed indesiderati e che nella maggior parte degli individui causano ansia o disagio marcati.
  • il soggetto tenta di ignorare o sopprimere tali pensieri, impulsi o immagini , o di neutralizzarli con altri pensieri o azioni ( mettendo in atto una compulsione).

Le compulsioni sono definita da:

  • comportamenti ripetitivi (per es. lavarsi le mani, riordinare, controllare) o azioni mentali (per es. pregare, contare, ripetere parole mentalmente) che il soggetto si sente obbligato a mettere in atto in risposta ad un ossessione o secondo regole che devono essere applicate rigidamente)
  • i comportamenti o le azioni mentali sono volti a prevenire o ridurre l’ansia o il disagio o a prevenire alcuni eventi o situazioni temute; tuttavia, questi comportamenti o azioni mentali non sono collegati in modo realistico con ciò che sono designati a neutralizzare o a prevenire, oppure sono chiaramente eccessivi.

Dagli studi clinici è possibile distinguere le ossessioni sulla base del loro contenuto, Abramowititz (2006) delinea le principali tematiche:

  • Contaminazione: pensieri o immagini mentali relativi al dubbio di essere entrato in contatto, anche indiretto, con sostanze ritenute pericolose o disgustose, es. “Tornando a casa potrei aver calpestato una siringa ed essermi contaminato”.
  • Danno: pensieri o immagini mentali relativi a potenziali danni a sé o agli altri, di tipo materiale, economico o emotivo, dovuti a proprie disattenzioni, leggerezze o mancanze, es. “Se non correggo gli errori dei miei colleghi sarà colpa mia se l’azienda fallirà”.
  • Scaramantiche: pensieri o immagini mentali relative ad eventi negativi che possono accadere a sé o ad altri in futuro, qualora non si seguano certe regole di comportamento o non si intervenga per neutralizzare l’effetto negativo, es. “Se leggo la parola tumore mi verrà il cancro”.
  • Somatiche: eccessiva preoccupazione per parti del proprio corpo o per il loro aspetto (dismorfofobia) es. “Ho qualcosa che non va nelle scapole”
  • Aggressive: pensieri, immagini mentali o impulsi di far del male a persone care o a se stessi pur non volendolo, es. impulso di accoltellarsi o di urlare parolacce durante una lezione
  • Relazionali: dubbi sull’adeguatezza o meno del proprio partner e sul sentimento nei confronti di quest’ultimo; pensieri, immagini mentali, fantasie o impulsi sessuali nei confronti di persone diverse dal proprio partner che innescano il dubbio ossessivo di non essere innamorato di quest’ultimo, es. “Ho riso con un’amica e se questo significasse che non sono più innamorato della mia ragazza?”.
  • Religiose e morali: pensieri o immagini mentali a contenuto blasfemo, come bestemmie, insulti ai defunti, fantasie sessualizzate verso immagini sacre, es. intrusione di bestemmie mentre si recitano le preghiere, oppure dubbi morali ad es. “Forse senza accorgermene potrei aver rubato dei soldi”.
  • Sessuali: pensieri, immagini mentali, fantasie o impulsi sessuali nei confronti di persone sconvenienti quali parenti, animali, es. involontaria immagine dei genitali di un genitore.
  • Ordine e simmentria: bisogno di simmetria, uniformità, equilibrio o esattezza. Sensazione che qualcosa non sia fatto proprio nel “modo giusto”, es. il tappeto dev’essere allineato al divano.

E’ importante sottolineare, soprattutto per chi soffre del disturbo, che pensieri aggressivi, blasfemi , sessualmente perversi o disdicevoli possono manifestarsi nella mente di ognuno, ma si tratta di fatti di breve durata che non intaccano il benessere dei soggetti. Nelle persone che soffrono del disturbo questi pensieri hanno un impatto così potente dall’essere percepiti come inaccettabili e prova della propria indegnità, tanto da innescare dei circoli viziosi mentali in cui si cerca la prova che tale pensiero non sia vero, ma ciò non fa altro che alimentare l’ossessione stessa.

La compulsione diviene la soluzione dell’ossessione, è possibile distinguerne alcuni sottotipi:

  • Washing: dove la paura del contagio, di sporcizia e l’emozione del disgusto innescano una serie di azioni che divengono veri e propri rituali di pulizia e lavaggi ripetuti un numero di volte via via maggiore.
  • Checking: comporta azioni di controllo che il soggetto deve ripetere in modo compulsivo ad esempio controllare di aver chiuso il gas, spento il ferro da stiro, chiuso la porta di casa. Lo scopo appare quello di evitare che a causa di un proprio errore o distrazione possa esserci un danno gravissimo di cui si sarebbe colpevoli. Anche in questo caso i controlli aumentano sempre di più come anche le possibili cause di tragedie di cui la persona si assume la responsabilità e che deve impegnarsi ad evitare.
  • Pensieri ed azioni mentali: azioni mentali come contare, ripetere frasi, recitare preghiere spesso a scopo scaramantico. Oppure la comparsa nella mente di un pensiero che la persona giudica immorale diviene, per il soggetto, la prova che potrebbe effettivamente essere una persona indegna, proprio per “Aver pensato tal pensiero”. Ad es. “Se penso una cosa del genere allora sono cattiva”, “Se ho questo pensiero significa che sono matto”. La persona si trova così incastrata in una serie di pensieri in cui cerca la risposta al proprio dubbio ma che divengono controproducenti in quando inevitabilmente causano ancora più dubbi. Quello che differenzia chi soffre del disturbo e chi no non è l’avere o no tali pensieri, ma il significato che gli attribuiamo, in quanto i pensieri sono solo pensieri, non descrivono ciò che siamo.
  • Ordine e simmetria: la sensazione denominata “Not just right experience”, cioè la sensazione che gli oggetti non siano posizionate nel modo “giusto”. E’ quella sensazione in cui è presente un disagio molto sgradevole davanti al disordine o ad un oggetto fuori posto, che porta alla ricerca di una disposizione perfetta degli oggetti per diminuire appunto tale sensazione disturbante. La disposizione perfetta può assumere un valore scaramantico, del tipo “Se i libri non sono allineati in modo perfetto accadrà una disgrazia alla mia famiglia”.

Alcuni tratti si associano spesso al DOC, essi sono perfezionismo, tendenza ad attribuire un’elevata importanza ai propri pensieri, intolleranza all’incertezza, sensazioni che le azioni o le cose non siano come dovrebbero essere, non siano eseguite in modo corretto.

Il DOC può manifestarsi attraverso una sensazione disturbante di essere stati contaminati, sporcati, la persona coinvolta inizia ad essere più attenta allo sporco e più accurata nelle pulizie, ma tale attenzione non placa il disagio che invece tende a diventare sempre più difficile da tollerare. Dopo l’ansia e il disagio spesso arriva poi una grande stanchezza, si può essere esausti dei rituali sempre più complessi, o di tutti i controlli da ripetere, ma non ci si può fermare. E’ importante sottolineare che non si tratta di una scelta “libera” del soggetto, ma diviene un obbligo, per la persona il costo da pagare in caso di errore sarebbe molto più alto del costo della compulsione, anche se il disturbo sta compromettendo aree importanti dell’esistenza come il lavoro o le relazioni. Il DOC ha inoltre la tendenza ad “espandersi”, via via vi sono sempre nuovi eventi o oggetti che innescano dei timori ed i tentavi di proteggersi da essi, attraverso ad esempio rituali di pulizia o controlli che divengono più elaborati prendendo sempre maggior spazio nella vita. Altra caratteristica del rituale è la perfezione, pena il dover ripetere l’intera procedura, conta di più l’impeccabilità delle singole azioni che il risultato effettivo. Tale impeccabilità e ripetizione diviene importante perché da al soggetto l’impressione di sicurezza, è come se diminuisse la possibilità di un proprio errore.

Spesso però dietro i timori di contaminazione o i controlli non vi è tanto la paura di ammalarsi ma la paura di essere responsabile di qualcosa di molto grave per la propria sbadataggine.

Chi soffre di un disturbo ossessivo non trova mai riposo, difatti è proprio nei momenti in cui prova a lasciarsi andare, a rilassarsi che compaiono i dubbi, tale aspetto potrebbe riprovare l’importanza del tema dell’iper-responsabilità e del controllo che da essa deriva. Il soggetto appare avvertire di non poter mai perdere il controllo, è probabilmente per questo che i dubbi ossessivi arrivano proprio quando si sta per addormentare o si sta divertendo.

La finalità delle compulsioni, che siano azioni o pensieri, è quella di risolvere il problema posto dall’ossessione, la ricerca della prova certa che l’evento temuto non si verifichi, probabilmente perché l’individuo avverte che ne sarebbe colpevole. Spesso infatti le persone che soffrono del disturbo non hanno tale necessità di controllo quando questo spetta ad un altra persona, ad esempio se ad uscire di casa è un famigliare non hanno un dubbio ossessivo se quest’ultimo ha chiuso la porta di casa oppure no, oppure il disagio è notevolmente minore. La responsabilità appare avere un ruolo chiave, Salkovskis (2002), attribuisce un ruolo cruciale alla Inflated responsibility definita come “La credenza che un individuo abbia il potere cruciale di determinare o prevenire esiti negativi molto importanti. Questi esiti vengono rappresentati dall’individuo come essenziali da prevenire. Possono essere reali, cioè avere conseguenze nella realtà, e/o a livello morale”.

Le diverse manifestazioni del disturbo ossessivo potrebbero condividere la necessità di prevenire una colpa, l’eventuale fallimento è percepito catastrofico. Alla colpa non può seguire riparazione o perdono, e così essa diviene inaccettabile. Il senso di colpa diviene distruttivo, non è più legato ad una singola azione, ma per la persona l’emozione della colpa definisce il proprio essere, la propria indegnità. La persona cerca di prevenire un’auto-rimprovero, che assume caratteri accusatori e molto aggressivi, di aver sottovalutato il rischio, di aver avuto la possibilità di prevenire il danno e di non averlo fatto, di essersi comportato in modo sbadato e superficiale.

Il soggetto tende infatti ad avere un atteggiamento iper-prudenziale, ipotizzando le ipotesi peggiori, ricercando attivamente esempi che le confermino e che quindi lo obbligano ad attivarsi per scongiurare la minaccia. La colpa più grande sarebbe inoltre nell’aver previsto un evento e nel non aver fatto nulla per evitarlo, nell’aver sottovalutato.

La responsabilità appare un tema di fondo anche alla luce del fatto che spesso tale disturbo compare a seguito di eventi di vita in cui il senso di responsabilità è attivato, ad esempio il matrimonio, la nascita di un figlio o il post-partum.

Nella clinica i pazienti riportano spesso storie famigliari in cui il loro comportamento è stato frequentemente oggetto di disapprovazione. Il clima famigliare viene descritto come rigido e iper-normativo. Molte volte emergono nella storia di vita episodi in cui emerge una sproporzione tra quanto “commesso” dal bambino e la reazione genitoriale, tanto che il figlio appare incapace di dare senso alla reazione del genitore. Tale reazione appare spesso accompagnata da una distanza affettiva messa in atto dal genitore in risposta al comportamento giudicato inappropriato del bambino. La minaccia della perdita dell’amore genitoriale a causa del proprio comportamento potrebbe innescare il bisogno di comportarsi in modo ineccepibile, di essere perfetti.

L’atmosfera famigliare viene riferita come caratterizzata da controllo ed atteggiamento ipercritico, con aspettative elevate verso i figli e la spinta al perfezionismo (“Si hai preso 9, è un bel voto ma 9 non è 10!”). Se le regole sono troppo rigide è facile che vengano infrante, così come se gli standard sono troppo elevati non potranno sempre essere raggiunti, il bambino può sentirsi eccessivamente colpevole per aver causato la sofferenza dell’altro o per non essere stato all’altezza.

L’esperienza di colpevolezza è sgradevole per ogni persona, ma per chi soffre di un disturbo ossessivo-compulsivo diviene intollerabile perché un loro errore non è ammissibile, non considerano per sé stessi che lo sbaglio e l’errore sono impliciti nella natura umana e pertanto inevitabili (Mancini, Saliani, 2013).

Il sintomo rappresenta la soluzione che la persona ha trovato per il proprio dolore, anche se è causa esso stesso di sofferenza appare molto più doloroso ciò che il sintomo cerca di gestire, spesso una colpa senza possibilità di riparazione.

Nel lavoro terapeutico con il DOC diviene prezioso lavorare sui temi che stanno alla radice del disturbo, la responsabilità, il senso di colpa e sulle esperienze che hanno contribuito lungo la storia di vita a costruire il senso che abbiamo di noi stessi e la sensibilità a questi aspetti.

Bibliografia

  • Abramowitz J.S., Khandker M., Nelson C.A., The role of cognitive factors in the pathogenesis of obsessive- compulsive symtoms, Rigwall, 2006
  • American Psychiatric Association, DSM-5, Raffaello Cortina, 2014
  • Mancini F., Saliani A.M. “Senso di colpa deontologico e perdono di sé nel disturbo ossessivo-compulsivo”. In Barcaccia B., Mancini F., “Teoria e clinica del perdono”, Raffaello Cortina, 2013
  • Mancini F., Un modello cognitivo del disturbo ossessivo compulsivo”. In Psicoterapia, 2001
  • Mancini F., Perdighe C., “Perché si soffre? Il ruolo della non accettazione nella genesi e nel mantenimento della sofferenza emotiva”, In Cognitivismo Clinico, 2012
  • Salkovskis, Forrester, Responsibility, Pergamon,2002